venerdì 5 luglio 2013

ASPETTAMI A CASA

di a.muffinshow

ASPETTAMI A CASA

Aspettami a casa se hai tempo fino a dopo l'Apocalisse.
Aspettami a casa fumando o dormendo con la coperta sul divano, guardando qualche tribunale della coscienza in TV, ascoltando l'oceano e i maremoti delle tue coperte gelate oppure pregando (e se lo farai, ti prego, fallo talmente forte cosicché il Grandecapo Piedibucati possa sentirti).
Aspettami a casa, col secchio pieno d'acqua ghiacciata - mi faresti pure un favore -, pronta a buttarmelo addosso dalla finestra mentre gioco ad essere il tuo personale Dante ubriaco che ti piscia sul portone chilometri di inchiostro e teologia.
Aspettami a casa di notte, quando gli ubriachi sono fiori che non sbocciano e parole che non esplodono.
Aspettami a casa quando la voce degli schiavi è un sussurro d'angelo nel Tempo che se ne va e nessuno sa dove o come.
Aspettami a casa e nella distanza che corre tra il tuo cuore e le tue labbra, nelle tazzine di caffè che bevi con gli amici e che puoi versare, tanto chissenefrega.
Aspettami a casa, dove il mio amore è già lì, dove ti chiama il telefono o dove risuona la tua solitudine, quella che hai dimenticato tra gli uomini perduti nella pioggia, laggiù verso Juarez, esattamente di fianco alle tue vene.
Aspettami a casa, in camera da letto, attraverso la trasparenza del fantasma di una strada con un regalo, un neo che è un cancro benevolo, che è la bocca di una nave che piange dicendo che i tuoi problemi stanno stretti tatuati sulla tua pelle o in un bosco scuro che risuona di suoni strani e del rumore dei tic delle tue palpebre.
Aspettami a casa, dove mi hai conosciuto ma non ti ricordi, cara, mentre eri impegnata a guardare qualcun altro, quando dicevi di voler essere libera ma nessuno ti credeva mentre credevi di fare l'amore.
Aspettami a casa, alla finestra, col cuore che batte e combatte, da solo contro tutto, e non riesce a bagnare i fiori nei vasi dei primi baci di tanti amanti che sanno di patatine e birra sgasata, in sere di primavera o estate (a voler esagerare).
Aspettami a casa e dimmi il perché di quel perfetto bacio e dell'orchestra che suonava giù dal salotto del vicino, naufragando in strada come un pellegrino, delle labbra che sembravano sfregare il muro e le pareti dei polmoni.
Aspettami a casa sapendo che quando sarò con te ingoierò ogni angolo della mia anima calpestato dai sandali che erano nuovi quando ancora non esistevi, quando ero il giullare di mille secoli, la bertuccia di ogni dio, regalando il vestito di ogni mio pudore, di ogni mia voglia. Prenditi pure quelle perché probabilmente te le meriti.
Aspettami a casa essendo sicura che sono un uomo da poco, che ti amo tanto da scriverti una cosa così e dimenticarti per una bottiglia; sapendo che non sono forte, ma solo un gigante con la pancia e la barba lunga e che sbaglia sempre; sapendo che sento di non meritarmi di star da solo, se ci sei tu lì; sapendo che "non mi serve l'omino delle previsioni per sapere dove tira il vento".
Aspettami a casa anche per i miei occhiali e la mia chitarra, perché sono un pilota cieco che balla da solo alle tre del mattino con gli amici che si buttano in terra con me se, camminando, cado.
Aspettami a casa perché il Regno non sta arrivando.
Aspettami a casa perché il Regno è già qui.
Aspettami a casa perché il Regno sei tu.
Aspettami a casa visto che sei i tuoi e i miei sospiri, le corde che si accordano e suonano il dialetto dell'amore e insultano quei maiali di sbirri del cuore che dicono che stiamo correndo troppo e che, andando avanti così, ogni cosa finirà nel fosso di un rimpianto futuro o, mal che vada, nel nome dei nostri figli. Dicono che se sei troppo ubriaco quando guidi una storia importante, puoi schiantarti nel dubbio e fottere tutto.
Aspettami a casa tappandoti le orecchie e gridando blablabla per non sentirli e ignorare le paure e i battiti sul pulsante della santa normalità.
Aspettami a casa, arrapata e casta, con cinque dita sul pianoforte e cinque tra i miei capelli che non sono ancora lì, perché salterà fuori che la mia cialtroneria, alla fine, sarà dimenticata.
Aspettami a casa arroccandoti su una mensola come un gufo o una statuetta della Madonna, che sicuramente sei più bella dell'uno e forse come l'altra.
Aspettami a casa perché tornerò dalla battaglia della vita, di tutte quelle cose che devo fare e che non ho voglia di dimenticare.
Aspettami a casa per favore.
Aspettami a casa se hai tempo in questi anni devastati, in questo tempo buono solo ad un cambiamento.
Aspettami a casa oppure fottitene ed esci per andare con le tue amiche a farti guardare il culo da tutti, a farti indovinare ogni piccolo graffio di epidermide sotto la gonna da educanda, per bagnarti nel fiume così dolce e umido della tua giovinezza, perché tanto di notte i tuoi occhi saranno sempre lampioni di diamante che mi guidano verso casa. La tua.

Aspettami a casa, perché non so dove cazzo abiti.


mercoledì 27 febbraio 2013

VOGLIO ANDARE A VIVERE IN CAMPAGNA (elettorale)


di a.muffinshow e RealGiglio9

VOGLIO ANDARE A VIVERE IN CAMPAGNA (elettorale)
Opera in cinque atti e nessun movimento

Nell’Anno del Signore 2013, 26 febbraio

L’Italia è il Paese che amiamo, qui abbiamo le nostre radici, le nostre speranze, i nostri orizzonti (quali?). Qui abbiamo imparato dai nostri padri e dalla vita il nostro amore per le troie, il campionato e la campagna elettorale. Qui abbiamo appreso la passione per la libertà. Vigilata.
La campagna elettorale è come una campagna militare a Risiko. Bestemmie e amicizie rovinate. E tutto per la Kamchatka. Che poi… che cazzo ci sarà mai in Kamchatka, o in Molise?

Boom. Da veri italiani, da quelli che alle elementari non volevano mai leggere i libri che diceva la maestra, tipo Cuore, non abbiamo fatto come ha fatto Pinocchio. Disubbidienti alla disubbidienza non abbiamo ammazzato a martellate il Grillo, che se nel libro era coscienza di un bambino in potenza, ora è atto di un popolo burattino. VAFFANCULO! [cit. Giuseppe Piero Grillo “urlante, il”].
Tutto questo per portare alla vostra attenzione, cani amici, che ieri notte, al termine degli scrutini un comico non è morto, ma è stato incoronato. Come nella migliore tradizione farsesca. Il miglior carro di questa sfilata post-carnevalesca non ha autista e, se ce l’ha, è completamente ubriaco ed urla contro tutti : vigili urbani, amministrazione comunale, ente provinciale, amministratori condominiali, se stesso…
Voto agli elettori:  3,5. Ma‘ndo vai se la banana nun ce l’hai.

Soddisfazione. Chi non sa fare insegna, chi non sa insegnare insegna ginnastica, chi non sa insegnare ginnastica scende in politica. Al Professorone uscente pareva non si potesse dire nulla tanto doveva esser l’ago della bilancia e si trova ad uscir di scena così, senza nemmeno il fischio dell’ amatissimo Pierino della PCI (Pessima Commedia Italiana). Questo centro di gravità permanente è così poco visibile che nemmeno Battiato l’avrebbe trovato.
Voto agli elettori: 4 (stronzi). In croce, così Casini è contento.

Rimonta. La nebbia all’irto Colle, piovigginando sale… si chiama Quirinale e in ebraico significa “cranio”. Non ha una croce in spalla, ma una pompetta su per l’uretra e la sua Veronica gli ha portato via pure il sudario. Ma Silvio, che significa Emmanuele, cioè Dioconnoi, non si è fatto sconfiggere dalla Morte Rossa. Come l’araba, pardon, libica fenice è risorto dalle sue stesse ceneri e, tra un pompino e un processo, ha ancora la forza di rosicare seggi agli avversari, prima di calarsi la zip e impecorare tutti quanti. Urbi et orbi. Non sappiamo ancora se salirà Quirinale, Viminale o Vaticano. Anche questa volta, però, stupisce tutti con effetti speciali. And the Oscar (Giannino) goes to…
Kevin Spacey: 110 e lode con slinguazzata accademica
Silvio Berlusconi: Laurea Honoris Causa in Teen, Anal, Face to Mouth, Ass licking, e Master in Fisting.
Voto agli elettori: 2. Ch’avetre rotto‘r cazzo, ch’avete rotto’r cazzo.

Smacchiare. Sto cazzo. I dirigenti PD da bravi vecchi comunisti non redenti comprano lo smacchiatore alla coop e così non riescono a lavare via le macchie dal vecchio ed abbronzato giaguaro brianzolo. Il Partito è come un adolescente al liceo che non ha ancora scelto che strada percorrere: è intelligente ma non si applica, avrebbe le potenzialità ma si perde via in un bicchiere d’ acqua (mezzo vuoto come da sinistrorsa tradizione). La nuova Sinistra – quella vecchia è ormai totalmente rivoltata nelle fosse comuni. E LE FOIBBBE? [Vichi di Casapau] - non ha ancora compreso di cosa (o di chi?) abbia bisogno la futura umanità. Tutta la notte coca e mignotte. L’importante è che siano dell’Est.
Voto agli elettori: 5,5 per crescere perché la rivoluzione oggi no, domani magari, dopodomani ho un apericena e non posso.

Mah. L’ipervolenteroso e carismaticissimo magistrato napoletano non supera la soglia di sbarramento, non entrando in Parlamento e rimando per di più fottuto visto che ora è pure in aspettativa. E c’è anche la crisi. Il futuro? Bah… Sbuff… mica chee… rifare bagaiii?
Voto agli elettori: non abbiamo voglia di darvelo, comunisti di merda.

Altro che le schede e le matite.
Per questi lavori avremmo bisogno dei fucili, cazzo.

Alessandro Luraghi e Mattia Giglio



lunedì 25 febbraio 2013

2013-1984= AL POST DELLE FRAGOLE

di a.muffinshow

Dedicato a 
Leonida Montanari

È una tranquilla notte di febbraio e il nostro protagonista se ne cammina lungo una qualsiasi via provinciale pronto a tornare a casa. Vede una Pantera che sfreccia nel senso contrario al suo.
“Stronzi”
Pena ad alta voce, ma non troppo.
Continua a camminare e prova a pensare a quel che è successo negli ultimi giorni.
Parole che per lui qualche tempo prima avrebbero suonato come la tromba di un angelo ora lo inquietano: ingovernabilità, destabilizzazione sociale ed economica, eccetera. La tranquilla notte di regime gli scivola addosso come un brivido, come il ricordo di un brutto sogno, di una ricetta venuta male.
La tranquilla notte di regime cade sull’asfalto mentre un rumore di macchina si avvicina, alle spalle.

Cazzo. Cos’è successo negli ultimi giorni? Ricordo che sono andato al seggio, che ho votato, che ho votato per il bene di tutti… credo che sia il meglio per tutti. Cristo, lo spero.
Mi sono sentito anche uno schifo, dopo. Come se avessi stuprato una dodicenne. Come se avessi visto un porno in cui un agente del governo se lo fa succhiare da un ragazzino delle medie  e lo picchia perché non si è fatto venire in bocca. Poi mi sono ricordato che, in effetti, ho votato esattamente contro il figlio di puttana che è solito fare questo, nelle sue notti da ottantenne perverso in Pianura.
“Documenti, prego…”
Una voce dal nulla. Scuoto la testa e penso di essere troppo ubriaco. È troppo reale per essere uno di quei rumori che scambi per voci quando sei sbronzo. Lei mi piace ma non sono lei. Non sono Giovanna d’Arco.
“Muoviti, documenti”
C’è un coglione in divisa che mi si è parato, dal nulla, davanti.
C’è un coglione, reale, coi suoi pantaloni a tinta unita e striscia rossa che mi prende un braccio e stringe.
Mi divincolo e mi libero
“Checcazzo fai?”
“Sto facendo il mio lavoro…”
Sbuffo ridendo come farei in ogni occasione davanti a un pallone gonfiato leccaculo e servo come quello, ma sento – non ricordando che cosa cazzo stia succedendo – che qualcosa, che tutto è cambiato.
“Cosa vuoi?”
“Chiamami Appuntato e dammi del lei, coglione”
“Non do nulla a nessuno. I documenti comunque non li ho”
In realtà sono nel portafoglio, ma non li darò certo a quello stronzo perché me lo ordina. Non ho fatto un cazzo, io.
“Non ho fatto un cazzo, io. Anche ad averceli non glieli darei comunque i documenti, Sua Eccellenza”
“Ascolta, barba, non fare il simpatico con me. O mi dai i documenti o ti porto dentro.”
“Non sono in fermo d’arresto, non ho fatto un cazzo e i documenti non li ho. Non rompermi i coglioni.”
Faccio per andarmene ma il manganello mi arriva di punta esattamente nel centro della pancia.
Mi piego senza fiato.
“Adesso tu ci segui in caserma, testa di cazzo, perché hai violato il coprifuoco e pregherai il tuo dio di non essere mai venuto al mondo, perché ti rifacciamo il buco del culo e ci faremo dire dove sei stato e con chi hai cospirato per rovesciare il governo di tutti.”
L’altro capo del manganello arriva sull’altra faccia, l’unica, della mia medaglia e mi rompe uno zigomo.
Nero.

Acqua gelida, credo sia uno sputo.
“Buongiorno, principessa”
Sto ancora pensando a quello che mi hanno detto:  coprifuoco, governo di tutti, ti rifacciamo il buco del culo.
Non sono uno dalla scorza dura, io. Sono sempre stato un cacasotto, uno che quando si fumavano le canne fuori da scuola e passava la volante se la telava, anche se ultimamente ho alzato la cresta. Nei discorsi con gli amici spiaccico due frasi fatte, “tutto è di tutti” e “viva il fuoco” e vaffanculo, sono un anarcocristiano militante e questo è quanto. Ho imparato ultimamente a credere nel prossimo come in me stesso.
Ho imparato, ultimamente, che se gli dai una mano si pigliano il braccio. E mi sta bene. Se hai più bisogno di me puoi pure prendere quello che è mio. Sono solo cose, solo soldi, solo cibo o coperte. Io credo nel Regno, quello che sta di là, dove tutti – e per davvero – sono uguali.
Fino a quando ho capito che qui si sta allo sfacelo, che ti ribelli solo se non hai soldi per fare l’aperitivo o per pagarti le vacanze o il nuovo cellulare. Che ti piace prenderlo nel culo ma senza economizzare. Senza margarina. Col burro, cazzo, come i ricchi in tempo di guerra. Sia mai… fare la fine di quei poveri della Grecia.
Dico questo da persona che vive sulle spalle dei propri genitori. Lo dico da persona che ha il lusso di avere la possibilità di dover pensare solo a se stessa sanguisugando sulle spalle di altri.
Quegli altri che ti mettono al mondo.
Ma io, porcadiunaputtanatroia, non mi ricordo proprio quando il coprifuoco è subentrato.
C’era la crisi, fino a ieri, fino al voto, fino alla fine. Questo me lo ricordo, ma il coprifuoco no, merda, quello no. C’era il potente che prometteva di restituire le tasse, come se da prima del Medioevo non avessimo imparato un cazzo. C’era chi prometteva che possiamo bastare a noi stessi, con quello che produciamo, e affanculo l’Unione della Vecchia, Malandata, Puttana dalle grandi, consunte, slabbrate labbra Europa, ché possiamo tornare alla lira, al ducato, al paolino, al sesterzio senza bisogno di quel branco di inutili nobilastri. C’era chi se ne stava zitto aspettando che gli altri fallissero e ha fallito.
E io sono stato parte, per la prima volta, di quel fallimento.
Io ho votato.
Cazzo.
“Allora, lrglsn89p20d416e, dove cazzo eri? Tramavi contro la Volontà Generale?”
Non ricordo che uno sbirro col QI di un bicchiere vuoto di un biancosporco avesse mai saputo chi cazzo fosse Rousseau o che mi avesse dato un pugno in bocca, ma gustavo dei pessimi grumi di sangue sulla lingua. Odio la carne al sangue, cazzo. Mi piace ben cotta, strinata.
Me piacciono le sole.
“Ero al bar a bere”
“NON È VERO!”
“È vero, cazzo.”

La scena della tortura ve la risparmio, anche perché è stata violenza psicologica.
È stata violenza mediatica.
È stata violenza su chi, crescendo amando 1984, ha capito che chi non l’ha letto, 1984, ha preso le prerogative peggiori del Grande Fratello: il controllo, l’annullamento di sé per mano non di altri ma di se stessi (esattamente come il potere vuole), lo psicoreato, saranno la colazione con cui si cresceranno i figli di questa generazione che non è degli “Annizero”, ma di un qualcosa che neanche si può definire “anni” o “zero”.
Sarà la colazione di un niente che prova a definirsi, a contarsi, come una maggioranza pronta a fottere gli altri pochi, idioti, rimasti a farsi violentare il cranio al posto di tutti.
Ché tanto domani ci sarà un nuovo derby, un nuovo telefono, una nuova battuta su spinozapuntoit o un nuovo post da scrivere. Ci sarà sempre un nuovo programma di cucina ad insegnarci come cucinare, e di conseguenza, vivere. Sbagliando.
Perché un domani ci sarà il coprifuoco del cervello e noi tutti continueremo ad essere una generazione di cantanti, calciatori, divi e cuochi falliti che, “al post delle fragole”, nel risotto della vita, aggiungeranno niente. Un niente insipido.
Talmente insipido che non avrà neanche il gusto della merda.

lunedì 19 novembre 2012

PER NON DIMENTICARE - INKIOSTRO UN ANNO DOPO - Stanza 137

di a.muffinshow

dedicato alla Prof.ssa L.
che insegna Dante e
di letteratura non capisce
una sega di niente

Cani lettori, 
vorrei con la presente presentarvi uno scritto inviato l'anno scorso ad un concorso letterario.
Un concorso utile come l'occupazione senza "K".
Il tema del suddetto concorso era "Resto o vado via". Parlando di tutto e niente mi sono sentito in dovere di insegnare ai dottorandi che non hanno vinto una borsa di studio in Italia e hanno vinto il concorso, parlando della fuga del loro "cervello" in paradisi intellettuali, tipo la Svizzera, patria di De Sausurre, del cioccolato e dei calvinisti.
Godetevelo perché due ebrei che parlano a cazzi e citazioni dall'Antico Testamento non sono cosa da tutti i giorni, visto che solitamente sono impegnati a contarli.

STANZA 137

Hotel. Interno. Due uomini nel salotto della suite. Dalla finestra la luce di fine giornata. Molto fumo di sigaretta e odore di divano nuovo (non più cellophane , ma quasi) o pulito. Uno, tranquillo, sedato e ciondolante, in piedi alla finestra, guarda la gente che passa per strada.
L’altro cammina nervoso per lo spazio, cercando qualcosa nella tasca. La trova. La tira fuori.

“Merda. Si è rotta in due.”
“Cosa si è rotta?”
“La sigaretta, no?!... cazzo, guarda qui.”
“Guarda cosa?”

Si gira e osserva l’altro.

“Secondo te cosa dovresti guardare se ti dico ‘guarda’?”
“La sigaretta, ho capito…”

Sospira dolcemente. Inizia a pensare.

“Sai in cosa siamo diversi dagli animali? In nulla. Se guardi bene puoi vedere tutto, da qui. Tutto è su quel marciapiede. È come se lì corressero gazzelle e cavalli, volassero aquile e passeri,  come se la iena giocasse col mulo e la gallina sonnecchiasse sul leone. Loro non sanno di essere identici al gatto. Non capiscono che il trucco sta nel passaggio tra Energia e Materia.”

Smette di pensare. Sospira sconfitto.

“Scusami. Pensavo ad altro.”
“A che?”
“Al fatto che loro, giù in strada, non pensano e non capiscono, quindi non guardano ai particolari. Secondo te la gente  pensa mai che il polmone sinistro è più piccolo di quello destro? No, non lo pensa. Eppure continua a fumare tranquilla credendo di avere due polmoni, quando in realtà ne ha uno e tre quarti, o giù di lì.”
“E allora? Immagino abbiano qualcosa di più importante a cui pensare. Io ce l’ho, per esempio.”
“Cos’è che hai?”
“Qualcosa di più importante a cui pensare. Cosa vuoi che mi freghi di un quarto di polmone in meno… e poi tu non ti occupi di fisica? Non ti stavi scervellando sul 137, con tutti gli elettroni e le  costanti e tutte quelle cose?”
“I numeri non sono tutto.”

Torna a guardare in strada.

“A no?”
“No.”
“Giusto. Dimenticavo che sei un genio. Fisico, mistico, filosofo. Tu pensi allo stesso momento su piani differenti.”
“Lo spazio-tempo non centra nulla in questo momento.”
“Sarà…”

Sospira e torna a cercare nelle tasche.

“Comunque, come sei arrivato a questa brillante conclusione? Perché proprio tu, adesso, mi vieni a dire che i numeri non sono tutto?”
“Qual è il numero di questa stanza?”
“Non lo so. Dimmelo tu.”
“137.”
“Oh cazzo. No…”
“Invece sì. Vedi, ho studiato fisica per quindici anni e l’ho insegnata per altri dieci. Ho fatto migliaia, milioni di calcoli e non ho mai considerato la casualità. O meglio, non ho mai ho considerato la casualità delle coincidenze.”

Il cervello si sblocca e intuisce ogni cosa.

“È Lui. Vuole dirmi qualcosa.”
“Sì! Sarà sicuramente Lui. Come sempre dimentico la Cabalà… ma dove…? eccola!”

Nuova sigaretta. Nuovo tentativo.

“Merda. Non funziona.”
“Cosa non funziona?”
“Questo stronzo di accendino.”

Lo scuote e ci riprova. Borbotta fra sé “Sarà scarico, il bastardo…”. Torna a parlare ad alta voce.

“Niente. Non funziona.”
“Mi spiace.”
“Di che? Dell’accendino?”
“No. Per il tuo polmone sinistro.”

Lo fissa con disprezzo fraterno.

“Io vado in cucina ad accenderla al fornello. Tu continua pure a parlare. Tanto non ti ascolterei comunque…”

Esce dalla stanza ma la sua voce continua a sentirsi.

“… come la volta della tua visione del caffè postmortem nei giardini di Dio. Te lo ricordi?...”

Rumore di un fornello a gas che si accende.

“… con tutti quei tizi delle varie religioni a bere da tazze di porcellana…”

Torna nella stanza. Sbuffa fuori il fumo e riprende a parlare con la voce strozzata di chi parla fumando.

“… a parlare di pace e fratellanza e del ricordo della riconciliazione tra la Vergine e il Serpente e dell’assoluta trascendenza di Nostro Padre. Tranne quei coglioni degli shivalisti che, aspetta com’era?... giusto!”

Lo indica, citando letteralmente.

“ ‘facevan l’amore senza più corpo al ritmo di settantasettemila orgasmi tantrici’. Te l’ho detto. Tu sei malato.”

Scuote la testa.

“No. Il mio analista dice che ho l’ipertrofia dell’essere. Dice che il mio eg…”
“Tu hai l’ipertrofia della bottiglia! Devi smetterla con quella merda. Quanti anni hai? Sedici? No, non più!  Sei un adulto ormai. La cosa ti spaventa? Beh, vedi di fartene una ragione e piantala.”

Fuma avido. Fuma cattivo.

“E piantala pure con quell’idiota di psicanalista. Quelli sono i peggiori. Sono addirittura più complessati di Dio.”
“Hai detto una cosa intelligente.”
“Certo, cazzo. Il fatto che sia volgare non significa che sia un idiota.”
“Non ho detto che sei volgare o idiota. Ho detto che hai detto una cosa intelligente.”
“Non ho detto nulla di intelligente. Tutti hanno sotto agli occhi il Suo comportamento autistico. Solo che io ho il coraggio di dirlo. Non è terribile né misericordioso. È come un barista che serve da bere e soffre con chi gli racconta la sua storia. Solo che non dice nulla. Serve da bere e se ne sta zitto. Esattamente come un cazzo di barista autistico. E ti ripeto di smetterla con quella roba. Ti spappola il fegato e il cervello.”

Mentre parla sparge fumo per la stanza. Strappa di mano all’altro un bicchiere tozzo. Inizia a tossire. Ha tirato troppo a lungo prima di parlare. Spegne la sigaretta in un posacenere sul tavolo.

“Cazzo, mi mandi in bestia. Mi fai pure strozzare… comunque sappi che non mi piacciono i funerali. E non ho voglia di venire al tuo. Sai che odio mettere il vestito. Mi si sfregano le cosce e poi mi si irritano e sembro una scimmia… tutto il giorno a grattarmi là, là sotto… insomma, in mezzo alle gambe cazzo, come se avessi gli slip troppo stretti, come un cazzone che a trent’anni non è ancora capace a comprarsi le mutande. Quindi smettila di bere. Se non vuoi farlo per te fallo almeno per me… e per il mio interno coscia.”

Ride come ride il fumatore. La risata del cane. Il latrato.

“E tagliati quella barba. Sembri lo zio Moishe.”
“Quant’è che è morto?”
“A dicembre fanno venti… no ventun anni. Quello stronzo ci ha anche rovinato Channukkà. Ma che ti frega scusa?”
“Niente. Pensavo.”
“Tu pensi sempre. A volte ti ammazzerei.”
“Oh, qui nasce un problema.”
“Ossia?”
“Che anche io ti ammazzerei. Ma lo farei così, per provare l’emozione di togliere la vita ad un uomo. Poi tu hai infranto tutte leggi del Decalogo. Io non ho mai disubbidito. Potrei iniziare proprio da lì. E pensa, tra tutti i possibili candidati sceglierei te.”
“E perché?”
“Perché tra l’uccidere un uomo buono e ucciderne uno cattivo c’è una grande differenza. E tu, mi spiace, ma sei un uomo cattivo.”

Gli si avvicina. Lo prende per il colletto della camicia.

“Mi stai dando dello stronzo, per caso?”
“Esattamente.”

Il pugno gli gira la faccia. Cade a terra. L’altro sparisce per accendere una seconda sigaretta. Senza preamboli questa volta. Tornato, lo aiuta ad alzarsi. Lui si guarda la punta delle scarpe.

“Penso di dovermene andare.”
“Perché?”
“Perché mi tratti ancora come se avessimo dodici anni. A fare il granduomo, quello che piglia a pugni, con la macchina potente e la sigaretta in bocca, che spacca bottiglie in faccia alle persone, hai presente?  Proprio come uno stronzo.”
“Non provocarmi.”

Silenzio. Tira dalla sigaretta. Cerca di calmarsi, lo stronzo.

“Scusami. Rovino sempre tutto, cazzo. È che ci tengo. Sei mio fratello. Solo che mi sembri Giobbe. Sconfitto. Perché così è più comodo, vero? Reciti - e male te l’assicuro! - la parte dell’uomo alla vivaddio. Solo che non c’è Dio, o la concorrenza, a renderti la vita una merda. Ci sei solo tu…”
“Giobbe?”
“Esatto. Smidollato, boccalone, leccaculo, debole, patetico Giobbe. Che vive da merda, sulla merda.”
“Sarei io, la merda?”
“Sì.”
“Mi hai stufato. Davvero. Me ne vado.”

Prova  ad andare verso la porta ma viene fermato dall’altro, forse un poco più alto, sicuramente più sobrio.

“Non fare l’idiota, sei ubriaco fradicio. Non puoi guidare in quello stato.”
“Me ne vado, fratello. Me ne vado.”

Prova a dirgli, ancora, di aspettare, bloccandolo. Lui si libera – l’altro smette di opporre resistenza - e tacendo attraversa la stanza piena di fumo. Guadagna l’uscita. La porta si chiude.

“Allora vattene, fratello. Vattene affanculo."

sabato 3 novembre 2012

Juve-Inter LE PAGELLE

JUVENTUS    5   Primo tempo da 7, secondo tempo da 4. Sull'onda emotiva del gol iniziale sfiora più volte il 2-0, ma ha il demerito di sottovalutare la condizione atletica dei nerazzurri. Perde troppi palloni a centrocampo e la manovra appare troppo macchinosa. Sconfitta.

Buffon 5.5   Per poco non para il rigore a Milito e fa quel che può sul destro di Guarin che propizia il 2-1 del Principe Nerazzurro. Niente miracoli per Gigi questa volta, a meno che non abbia scommesso l'1-3.
BWin.

Barzagli 5.5 Marcare Milito non è proprio la cosa più facile del mondo, ma lui ci mette tanta esperienza e una buona dose di cattiveria agonistica. Commette la leggerezza di lasciarselo scappare una volta e il Principe non lo perdona. Purgato.

Bonucci 5  Quando il gioco si fa duro, a volte, i Bonucci smettono di giocare. Si perde Nagatomo in area in occasione del 3-1 dell'Inter e per tutta la partita dà l'impressione di essere troppo nervoso. Ha l'occasione per pareggiare i conti ma spara addosso ad Handanovic. Imbambolato.

Chiellini 5.5  Giorgione ci mette la solita grinta, ma se la deve vedere con quel funambolo di Palacio. Nel complesso gioca una partita discreta, ma non riesce a incidere più di tanto. Senza infamia e senza lode.

Lichtsteiner 4.5  Prima irrompe su Zanetti con la forza di Godzilla e si prende un giallo, dopo pochi minuti meriterebbe di essere espulso per un fallaccio su Palacio ma l'arbitro lo grazia e Conte lo spedisce subito in panchina. Follia.

Vidal 6  Porta subito in vantaggio la Juve, si mangia il 2-0 solo davanti ad Handanovic ma poi viene imbrigliato nella ragnatela nerazzurra e non riesce più a trovare il bandolo della matassa. Perde palla ingenuamente in un contrasto con Guarin e dà il via al 2-1 dell'Inter. Narciso.

Pirlo 5  Stramaccioni gli mette alle calcagna un paio di mastini come Cambiasso e Gargano e per lui diventa difficile impostare l'azione. Gli attaccanti fanno poco movimento ed è costretto spesso a cedere il pallone per vie orizzontali. Assediato.

Marchisio 4.5  Si divora il 2-0 a tu per tu con Handanovic e commette un'imperdonabile leggerezza nel trattenere Milito in occasione del rigore che spiana la strada al successo nerazzurro. Non era meglio far giocare Pogba? Sconclusionato.

Asamoah 5  Esce ridimensionato e non di poco dal duello con Zanetti che lo fa sembrare un giocatore normale. Spinge poco sulla fascia e partecipa poco alla manovra. Strapazzato.

Vucinic 6  Ti accorgi che ha raggiunto la sufficienza quando vedi che con lui in campo la Juve nel primo tempo ha creato 3-4 nitide palle gol. La sua sostituzione a fine primo tempo sa un po' di bocciatura, ma forse al suo posto sarebbe dovuto uscire Giovinco. Penalizzato.

Bendtner 5  Fa salire la squadra e gioca molto spalle alla porta, ma non fa gol. Juan Jesus gli morde le caviglie e non riesce a divincolarsi dalle sue grinfie. Intrappolato.

Giovinco 4  A Roma gli avrebbero detto: "Nu cce prendi manco se tte sbagli".

Caceres 5.5  Perde ogni duello con Nagatomo e si fa vedere poco in avanti. La Juve è poco brillante e lui ne paga le conseguenze. Impalpabile.

Quagliarella 6  In dodici minuti riesce a fare più di Giovinco in tutta la partita. Il sinistro con cui sfiora il pareggio è un gesto atletico di rara bellezza. Non si riesce a capire cosa ci faccia in panchina. Reattivo.

All. Conte 5  Ha il merito di togliere un nervosissimo Lichtsteiner,  ma poi non ci capisce più niente. Toglie Vucinic che non aveva demeritato per metter in campo uno spento Bendtner, lascia in campo il fantasma di Giovinco e inserisce Quagliarella troppo tardi. Confuso.


INTER  8   Mi si potrebbe obiettare che il voto in pagella sia di parte, ma cercherò di motivarlo. 8 perchè essere sotto 1-0 a Torino dopo 20 secondi per un gol in fuorigioco può mandarti dallo psicologo, 8 perchè la squadra non ha mai perso la testa e ha costruito la vittoria lottando su ogni pallone. Estasi.

Handanovic 7  Salva capra e cavoli su Marchisio, dice di no a Vidal, neutralizza Bonucci e infonde alla difesa dell'Inter una piacevole sensazione di sicurezza. Saracinesca.

Juan Jesus 7.5  Gli attaccanti della Juve gli facilitano il compito, ma il roccioso brasiliano compie una partita monumentale. Chiude ogni varco, fa sentire la sua stazza fisica, lotta come un leone per tutti i novanta minuti. Juan Jesus Superstar.

Ranocchia 6.5  Non è miracoloso come il suo collega di reparto, ma la sua rimane una prestazione di qualità. Commette qualche sbavatura nel primo tempo, ma nel secondo tempo non sbaglia nulla. Invalicabile.

Samuel 6  Nel primo tempo soffre le incursioni di Vidal e cerca di contenere gli assalti juventini con la solita esperienza. La resistenza però non è più quella di un tempo e forse si potrebbe mettere in conto di alternarlo a Silvestre. Usato sicuro.

Zanetti 7  Alla veneranda età di 39 anni, insegna ad Asamoah il significato del termine: "Ne devi mangiare ancora di terra prima di essere come me". Capitano.

Cambiasso 7  Il solito lavoro sporco con l'aggiunta di una marcatura asfissiante su Pirlo che gli impedisce anche di respirare. Sembra tornato il giocatore del Triplete. A volte ritornano.

Gargano 7  Avete mai provato a lanciare un osso in mezzo ai cani? Davvero avete provato? Bene, sappiate che se ci fosse stato Gargano lo avrebbe preso lui. Rottweiler.

Nagatomo 7.5  Vince il duello con Caceres e stantuffa sulla fascia senza alcun timore reverenziale. Buffon gli nega la gioia del gol, lui non si perde d'animo e serve a Palacio la palla del 3-1. Nagatomico.

Cassano 6.5  Queste non sono le partite di Cassano, che ha bisogno di più spazio per potersi rendere pericoloso. In ogni caso, gioca una buona partita e sfiora anche il gol con un bel destro a giro. Talento.


Palacio 7  Don Rodrigo non delude mai. Incorna il pari che viene annullato per un fuorigioco millimetrico, cambia spesso posizione in campo e non dà alcuna certezza ai difensori juventini. Dopo aver sprecato un'occasione per il pari, mantiene la lucidità e insacca il 3-1. Motorino.

Milito 9  Come il sole d'estate, come un maglione d'inverno, come un drink in discoteca, come il frigo in una cucina, come un letto in una camera... il Principe, a 33 anni suonati, non tarda mai agli appuntamenti importanti. Freddo in occasione del rigore, spietato nell'infilare il gol del 2-1. Forever young.

Guarin 6.5  Entra subito in partita e con una sassata dalla distanza propizia il 2-1 dell'Inter. Inoltre serve una palla deliziosa a Nagatomo che porterà al terzo gol. Volenteroso.

Mudingayi  sv

All. Stramaccioni 8   Di sicuro non è tutto oro quello che luccica, ma andare in casa della Juve che non perde da 49 gare consecutive, giocare con tre punte e infilargli tre pere non è proprio un gioco da ragazzi. La sua Inter cresce giornata dopo giornata e, vada come vada, ha già compiuto un'impresa. Mourinho. 

 

Arbitro Tagliavento: 4  Passi il fuorigioco di un metro di Asamoah dopo 21 secondi (non è colpa sua se il guardalinee juventino non lo ha segnalato), ma la mancata espulsione di Lichtsteiner pesa come un macigno sul suo giudizio. Non se l'è sentita rovinare la partita lasciando la Juventus in dieci per 60 minuti, ma alla fine l'ha rovinata lo stesso. Sudditanza Psicologica.


 


mercoledì 31 ottobre 2012

CONTRO-CONCORSO: QUELLO CHE HO

di a.muffinshow

E  lo sapeva bene Paganini
che il diavolo è mancino
è subdolo
e suona il violino

F. "Nonrompermiilcazzootidistruggo"  Battiato


(Lode all'Inviolato, Franco "Vi spacco il culo" Battiato")

E' successo. Sembrano i racconti dell'horror, nella notte di Halloween, ma è successo. Ho baciato una donna vestita da Morte.
Sorella Morte, lei che spalanca l'Eternità.
"Hai la barba sporca di bianco!"
"E tu hai un viso senza peli di barba"
L'ho baciata di nuovo nel cesso di una birreria. Di classe, ma pur sempre una birreria.
"Ti ricordi almeno come mi chiamo?"
"Vuoi che sia sincero?"
"Sì"
"No"
"chiedi a $%&/()=?^, domani"
"No. Dimmelo ora."
Sospira sorridendo. Le sue labbra si appoggiano alle mie. Sono ubriache - quanto le mie -
"ZSXDFOL"
"Ecco, ora ricordo... ci siamo conosciuti quel pomeriggio che...."
Avevo la barba bianca per via del suo cazzo di trucco da scheletro.
Lei è dovuta andare. La chiave è stata girata.
Un'altra porta è stata aperta. Un fatto che era stato scartato potrebbe diventare testata d'angolo.
Quod sumus, hoc eritis.
Ho baciato un teschio, cazzo.
Ho baciato Sorella Morte. In persona.
Nel cesso di una birreria. Di classe, certo, ma pursempre una fottuta birreria, sperduta nella Pianura, nella Pioggia, nel Nulla.
"Sentiamoci domani"
"Sì sì"
Le dico di fretta. Volevo di nuovo sentire l'Eternità sulla lingua.
L'ho baciata di nuovo, bastardo, grattandole le orecchie come un animale feroce, spietato.
"Così non vale"
"Dobbiamo stare zitti"
Di nuovo le labbra ballano.
Ballano per l'inaspettato, per Dio che si ubriaca per un pò di amore - dimenticato da entrambi - di più.
"L'avrei fatto anche da sobria..."
La guardo in silenzio, a farle capire che pure per me era lo stesso.
Gli angeli pisciano piangendo e danzano, nella notte d'ognissanti, della zucc'infiamme, di gente travestita da teschio che si lascia carezzare l'orecchio da un semisconosciuto e dalla sua barba, ricca d'olio e povera d'amore.
Non c'è spazio per l'odio.
Dio, più Uomo che mai, soffre al computer con gli uomini.
E soffre dell'amore più passionale.
Dio soffre scrivendo con me.
Perché era solo un bacio.
E' solo un bacio.
Ecco quello che (non) ha Dio... un poco in più d'amore al mondo.
e forse (forse?) ce l'ho anche io.

"Quanti miracoli, disegni e ispirazioni
e poi la sofferenza che ti rende cieco
nelle cadute c'è il perché della Sua assenza
le nuvole non possono oscurare il sole"


Saviano, al massimo, in più, avrà solo un paio di guardie.

domenica 14 ottobre 2012

Alì, Principe Alì, Alì Ababua

di a.muffinshow


A coloro che ogni giorno,
eroi,
combattono la sobrietà



Mi chiamano Alì.
Alì il Chimico.
Per anni ho cercato di studiare gli antibiotici. Per anni, anche se mi odiate, stronzi occidentali, ho provato a salvarvi la vita. Gasando qualsiasi tipo di minoranza etnica nel Vicino Oriente.
Ho studiato come fabbricare un antibiotico capace di farvi stare bene, curarvi nella malattia, pur non facendovi stare male.
Bevono, mi dicono, perché credono gli sia stato insegnato così. Bevono senza scopo. Poi da solo ho scoperto, mi hanno detto, che tanto è inutile studiare 'ste cose. Che i giovani occidentali già bevono sotto antibiotici e se ne fottono. Loro sono i meglio. Sono immortali fino a cinquantanni, quando scoprono che non potranno fare i maestri di Tennis e scopare diciassettenni tutta la vita.
Mi sono incazzato, allora. Come un turco. Come un iracheno.
Mi hanno anche informato che Baghdad non è più la Babilonia. Mi hanno sfottuto e mi hanno detto che ogni città occidentale è la nuova Babilonia.
E io che credevo di salvarvi, in quelle sere in cui non avevate l'ombrello e le gocciolone vi colpivano il cranio. Non fosse stata manco una tortura cinese. No. L'unica cosa era farvi sentire dei fottuti Charlie Brown con la barba e la sciarpa, la sigaretta e il telefono con la connessioninternet.
Perché di questo avete bisogno.
Sentirvi male e vomitarlo in faccia agli altri, vantarvi della/e vostra/e menomanza/e - fasulla/e-.
Di questo avete bisogno. Stronzi.
Manco ci fosse qualcuno, morti voi, pronto a gasarvi - e per davvero - per crimini che non avete commesso.
Tipo credervi immortali.
Tipo vivere come cadaveri.
Tipo non poter risorgere.

Ecco le vostre Picche. Risorgere ogni mattina e non poterlo dire a nessuno.