lunedì 25 febbraio 2013

2013-1984= AL POST DELLE FRAGOLE

di a.muffinshow

Dedicato a 
Leonida Montanari

È una tranquilla notte di febbraio e il nostro protagonista se ne cammina lungo una qualsiasi via provinciale pronto a tornare a casa. Vede una Pantera che sfreccia nel senso contrario al suo.
“Stronzi”
Pena ad alta voce, ma non troppo.
Continua a camminare e prova a pensare a quel che è successo negli ultimi giorni.
Parole che per lui qualche tempo prima avrebbero suonato come la tromba di un angelo ora lo inquietano: ingovernabilità, destabilizzazione sociale ed economica, eccetera. La tranquilla notte di regime gli scivola addosso come un brivido, come il ricordo di un brutto sogno, di una ricetta venuta male.
La tranquilla notte di regime cade sull’asfalto mentre un rumore di macchina si avvicina, alle spalle.

Cazzo. Cos’è successo negli ultimi giorni? Ricordo che sono andato al seggio, che ho votato, che ho votato per il bene di tutti… credo che sia il meglio per tutti. Cristo, lo spero.
Mi sono sentito anche uno schifo, dopo. Come se avessi stuprato una dodicenne. Come se avessi visto un porno in cui un agente del governo se lo fa succhiare da un ragazzino delle medie  e lo picchia perché non si è fatto venire in bocca. Poi mi sono ricordato che, in effetti, ho votato esattamente contro il figlio di puttana che è solito fare questo, nelle sue notti da ottantenne perverso in Pianura.
“Documenti, prego…”
Una voce dal nulla. Scuoto la testa e penso di essere troppo ubriaco. È troppo reale per essere uno di quei rumori che scambi per voci quando sei sbronzo. Lei mi piace ma non sono lei. Non sono Giovanna d’Arco.
“Muoviti, documenti”
C’è un coglione in divisa che mi si è parato, dal nulla, davanti.
C’è un coglione, reale, coi suoi pantaloni a tinta unita e striscia rossa che mi prende un braccio e stringe.
Mi divincolo e mi libero
“Checcazzo fai?”
“Sto facendo il mio lavoro…”
Sbuffo ridendo come farei in ogni occasione davanti a un pallone gonfiato leccaculo e servo come quello, ma sento – non ricordando che cosa cazzo stia succedendo – che qualcosa, che tutto è cambiato.
“Cosa vuoi?”
“Chiamami Appuntato e dammi del lei, coglione”
“Non do nulla a nessuno. I documenti comunque non li ho”
In realtà sono nel portafoglio, ma non li darò certo a quello stronzo perché me lo ordina. Non ho fatto un cazzo, io.
“Non ho fatto un cazzo, io. Anche ad averceli non glieli darei comunque i documenti, Sua Eccellenza”
“Ascolta, barba, non fare il simpatico con me. O mi dai i documenti o ti porto dentro.”
“Non sono in fermo d’arresto, non ho fatto un cazzo e i documenti non li ho. Non rompermi i coglioni.”
Faccio per andarmene ma il manganello mi arriva di punta esattamente nel centro della pancia.
Mi piego senza fiato.
“Adesso tu ci segui in caserma, testa di cazzo, perché hai violato il coprifuoco e pregherai il tuo dio di non essere mai venuto al mondo, perché ti rifacciamo il buco del culo e ci faremo dire dove sei stato e con chi hai cospirato per rovesciare il governo di tutti.”
L’altro capo del manganello arriva sull’altra faccia, l’unica, della mia medaglia e mi rompe uno zigomo.
Nero.

Acqua gelida, credo sia uno sputo.
“Buongiorno, principessa”
Sto ancora pensando a quello che mi hanno detto:  coprifuoco, governo di tutti, ti rifacciamo il buco del culo.
Non sono uno dalla scorza dura, io. Sono sempre stato un cacasotto, uno che quando si fumavano le canne fuori da scuola e passava la volante se la telava, anche se ultimamente ho alzato la cresta. Nei discorsi con gli amici spiaccico due frasi fatte, “tutto è di tutti” e “viva il fuoco” e vaffanculo, sono un anarcocristiano militante e questo è quanto. Ho imparato ultimamente a credere nel prossimo come in me stesso.
Ho imparato, ultimamente, che se gli dai una mano si pigliano il braccio. E mi sta bene. Se hai più bisogno di me puoi pure prendere quello che è mio. Sono solo cose, solo soldi, solo cibo o coperte. Io credo nel Regno, quello che sta di là, dove tutti – e per davvero – sono uguali.
Fino a quando ho capito che qui si sta allo sfacelo, che ti ribelli solo se non hai soldi per fare l’aperitivo o per pagarti le vacanze o il nuovo cellulare. Che ti piace prenderlo nel culo ma senza economizzare. Senza margarina. Col burro, cazzo, come i ricchi in tempo di guerra. Sia mai… fare la fine di quei poveri della Grecia.
Dico questo da persona che vive sulle spalle dei propri genitori. Lo dico da persona che ha il lusso di avere la possibilità di dover pensare solo a se stessa sanguisugando sulle spalle di altri.
Quegli altri che ti mettono al mondo.
Ma io, porcadiunaputtanatroia, non mi ricordo proprio quando il coprifuoco è subentrato.
C’era la crisi, fino a ieri, fino al voto, fino alla fine. Questo me lo ricordo, ma il coprifuoco no, merda, quello no. C’era il potente che prometteva di restituire le tasse, come se da prima del Medioevo non avessimo imparato un cazzo. C’era chi prometteva che possiamo bastare a noi stessi, con quello che produciamo, e affanculo l’Unione della Vecchia, Malandata, Puttana dalle grandi, consunte, slabbrate labbra Europa, ché possiamo tornare alla lira, al ducato, al paolino, al sesterzio senza bisogno di quel branco di inutili nobilastri. C’era chi se ne stava zitto aspettando che gli altri fallissero e ha fallito.
E io sono stato parte, per la prima volta, di quel fallimento.
Io ho votato.
Cazzo.
“Allora, lrglsn89p20d416e, dove cazzo eri? Tramavi contro la Volontà Generale?”
Non ricordo che uno sbirro col QI di un bicchiere vuoto di un biancosporco avesse mai saputo chi cazzo fosse Rousseau o che mi avesse dato un pugno in bocca, ma gustavo dei pessimi grumi di sangue sulla lingua. Odio la carne al sangue, cazzo. Mi piace ben cotta, strinata.
Me piacciono le sole.
“Ero al bar a bere”
“NON È VERO!”
“È vero, cazzo.”

La scena della tortura ve la risparmio, anche perché è stata violenza psicologica.
È stata violenza mediatica.
È stata violenza su chi, crescendo amando 1984, ha capito che chi non l’ha letto, 1984, ha preso le prerogative peggiori del Grande Fratello: il controllo, l’annullamento di sé per mano non di altri ma di se stessi (esattamente come il potere vuole), lo psicoreato, saranno la colazione con cui si cresceranno i figli di questa generazione che non è degli “Annizero”, ma di un qualcosa che neanche si può definire “anni” o “zero”.
Sarà la colazione di un niente che prova a definirsi, a contarsi, come una maggioranza pronta a fottere gli altri pochi, idioti, rimasti a farsi violentare il cranio al posto di tutti.
Ché tanto domani ci sarà un nuovo derby, un nuovo telefono, una nuova battuta su spinozapuntoit o un nuovo post da scrivere. Ci sarà sempre un nuovo programma di cucina ad insegnarci come cucinare, e di conseguenza, vivere. Sbagliando.
Perché un domani ci sarà il coprifuoco del cervello e noi tutti continueremo ad essere una generazione di cantanti, calciatori, divi e cuochi falliti che, “al post delle fragole”, nel risotto della vita, aggiungeranno niente. Un niente insipido.
Talmente insipido che non avrà neanche il gusto della merda.

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